Bruno Munari, la polisensorialità e i bambini

di Beba Restelli
Educatrice e formatrice sul Metodo Bruno Munari®
Associazione Bruno Munari - Milano

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Un artista che non ha mai perso lo spirito del bambino

«Conservare lo spirito dell'infanzia dentro di sé per tutta la vita, vuol dire conservare la curiosità di conoscere, il piacere di capire, la voglia di comunicare». Questa frase, che Bruno Munari ha voluto all’inizio della sua mostra antologica a Milano nel 1986, non solo ben esprime la sua filosofia di vita ma costituisce uno degli obiettivi più importanti che si prefiggono i laboratori: aiutare i bambini a non perdere il senso della curiosità.

«I bambini di oggi sono gli adulti di domani», ripeteva spesso Munari, affermando che la sua opera più importante sono i laboratori per bambini.

Ma perché tanto interesse per il mondo dell’infanzia? Rispondo con le sue parole: «Non potendo cambiare gli adulti, ho scelto di lavorare sui bambini perché ne crescano di migliori. E’ una strategia rivoluzionaria quella di lavorare sui e con i bambini come futuri uomini». Il suo sogno era quello di promuovere una società fatta di uomini creativi e non ripetitivi.

Un progetto di vita che ha contribuito a rendere l’artista nei suoi ultimi anni sereno e fiducioso, consapevole di avere gettato semi fecondi... (Fig. 1)


Bruno Munari a Monte Olimpino ‘suona’ un’opera per gli amici (foto di Luca Cenerelli)
Fig. 1 Bruno Munari a Monte Olimpino ‘suona’ un’opera per gli amici
(foto di Luca Cenerelli)



Un’infanzia nella campagna veneta, tra legni e piume

Quando era ragazzino, Munari, cresciuto a Badia Polesine, una piccola cittadina del Veneto, vicino al fiume Adige, trascorreva molte ore accanto alla ‘Macchina galleggiante’ sull’acqua «ad ammirare lo spettacolo continuo dei colori, delle luci, dei movimenti della Grande Ruota».
Osservava la Grande Ruota che dal fiume pescava penne di gallina, pezzi di carta, foglie di alberi, «alghe ed erbe acquatiche verdi come il vetro morbido», in uno scintillio di gocce, con un rumore di pioggia e con un odore misto di farina, acqua, terra e muschio...
Un bambino dunque ‘immerso’ nella natura con tutti i sensi, contemplatore attivo, attento alla natura in movimento, all’azione dell’acqua e dell’aria... suggestioni potenti che saprà poi trasformare in creazioni artistiche e far vedere anche a noi in un altro modo il mondo in cui viviamo.
Anche da quella esperienza di bambino, così come da tutte le altre (pensiamo a quella con gli artisti futuristi: è venuto a Milano perché li voleva incontrare ed ha iniziato a collaborare con loro già negli anni Trenta), Munari, sempre attento, sensibile, ha saputo trarre un insegnamento, quello che lo ha portato a sviluppare la conoscenza plurisensoriale nei bambini.
«Fin da ragazzo - racconta Munari - sono stato uno sperimentatore..., curioso di vedere cosa si poteva fare con una cosa, oltre a quello che si fa normalmente».
«Durante l’infanzia – scrive l’artista – siamo in quello stato che gli orientali definiscono Zen: la conoscenza della realtà che ci circonda avviene istintivamente mediante quelle attività che gli adulti chiamano gioco. Tutti i ricettori sensoriali sono aperti per ricevere dati: guardare, toccare, sentire i sapori, il caldo, il freddo, il peso e la leggerezza, il morbido e il duro, il ruvido e il liscio, i colori, le forme, le distanze, la luce, il buio, il suono e il silenzio… tutto è nuovo, tutto è da imparare e il gioco favorisce la memorizzazione.
Poi si diventa adulti, si entra nella ‘società’, uno alla volta si chiudono i ricettori sensoriali. Non impariamo quasi più niente, usiamo solo la ragione e la parola e ci domandiamo: quanto costa? A cosa serve? Quanto mi rende?»
E l’artista si chiede con una certa preoccupazione come sarà l’ ‘uomo del futuro’. Forse senza naso e senza orecchi, perché non bada più al rumore e agli odori... Così lo disegna nel suo libro Da cosa nasce cosa e invita i designers a progettare tenendo presenti tutti i recettori sensoriali.


Un’arte per tutti i sensi

Il linguaggio tattile è la prima forma di comunicazione del bambino, è un linguaggio di amore e di conoscenza, ma a differenza degli altri sensi, comporta infatti un contatto con altri corpi e materie: fonte non solo di conoscenza, ma anche di piacere, e proprio per questo a lungo considerato tabù nella cultura occidentale.

Munari, formatosi all’interno del gruppo dei futuristi (non dimentichiamo l’Educazione del tatto annunciata da F.T. Marinetti nel Manifesto Il Tattilismo del 1921), ha pensato a un’arte che coinvolgesse tutti i sensi e non soltanto la vista ritenuta per troppo tempo la sola fonte di conoscenza. Ecco dunque il tatto, il più immediato, come insegnano i bambini.

La prima Tavola Tattile risale al 1931, a questa ne seguiranno altre nel 1943 e nel 1993. Realizzate su tavole di legno, presentano vari materiali come carte vetrate di varia finezza, sughero, corde, metallo, pelle e pelliccia così da offrire diverse sensazioni visive e tattili. Sulla tavola del 1943 l’artista indica i tempi di ‘lettura’ (lento, forte, veloce, velocissimo), come fosse una partitura musicale. (Fig. 2)

Bruno Munari,  Tavola Tattile, 1943 (©Bruno Munari. Immagine su licenza della Maurizio Corraini srl)

Fig. 2 Bruno Munari, Tavola Tattile, 1943
(©Bruno Munari. Immagine su licenza della Maurizio Corraini srl)


Negli anni Cinquanta la Pirelli chiede a Munari che cos’altro si può fare con la gomma piuma… Sensibile al potere evocativo del materiale (caldo e morbido come un cucciolo…) sceglie di progettare qualcosa per i bambini: ecco nascere il Gatto Meo e la scimmietta Zizi che vince il premio Compasso d’oro nel 1954. Sono i primi giocattoli in gommapiuma armata, pensati per un bambino attivo, partecipe; un sottile filo di rame inserito nella gomma gli consente di muoverlo a suo piacere.

Libri e giochi, secondo l’artista, devono essere trasformabili e manipolabili, spesso ‘non finiti’ da completare in piena libertà, secondo il precetto di Lao Tse (azione senza imposizione di sé). Giochi per una esperienza sensoriale globale, che «abitueranno il bambino a ridere apertissimamente», a sviluppare l’immaginazione e la sensibilità, secondo gli obiettivi enunciati nel 1915 dagli artisti Balla e Depero attraverso il manifesto sulla Ricostruzione futurista dell’Universo.

Nel 1976 Munari progetta il Messaggio tattile per una bambina non vedente. Il Messaggio, con le sue continue sorprese, riprende l’idea già espressa dall’artista con la Tavola Tattile, un’opera d’arte da percepire con il tatto, indispensabile per un non vedente, ma altrettanto importante per i vedenti.
Beba Restelli

Si tratta di una composizione lineare alta 2 metri - precisa Munari - invitandoci a farla passare tra le mani come un rosario. E’ formata da una corda di plastica liscia, un nodo di canapa, una catenella di palline cromata, plastica morbida in strisce, un anello in ferro a cui sono attaccati altri materiali quali canapa sfilacciata, corda di manila, rafia naturale; un tubo in PVC morbido, una molla metallica, un altro nodo, un filo di lana, un pezzetto di pelliccia e una fettuccia con bottone e asole. I materiali sono indicati nel disegno da Munari stesso che è solito accompagnare le sue opere da precise istruzioni per essere ben capito, offrendo la possibilità di ripetere le esperienze.

Conservo ancora il messaggio che l’artista ha realizzato al mio laboratorio insieme ai bambini per far vedere come si fa: un utile promemoria del metodo, un ricordo prezioso per me. La percezione tattile - mi faceva notare - è di tipo lineare, come la musica e la letteratura, pertanto si possono dosare i tempi.
L’esempio più perfezionato di questa forma di ‘scrittura tattile’ sono i quipu peruviani. Consistono in una corda principale da cui pendevano una serie di matasse di cordicelle di fili di lana di colori diversi, tutto era collegato con nodi di varia forma e posti ad altezze diverse. Spesso ai nodi erano attaccati piccoli oggetti, come pietruzze, specchi… Non so se l’artista li conoscesse… quello che so per certo è il suo interesse per il mondo della polisensorialità e della comunicazione non verbale.

Un profondo interesse che lo ha portato a progettare il primo laboratorio tattile a Milano nel 1979, in occasione della mostra Le mani guardano, e a promuovere l’educazione polisensoriale nella scuola dell’infanzia, come già si è fatto nelle elementari per quella dell’immagine. (Fig. 3)

 

Primo laboratorio tattile a Milano, 1979

Fig 3 Primo laboratorio tattile a Milano, 1979.
Foto di Ada Ardessi © 2010 Isisuf. istituto internazionale di studi sul futurismo

Dobbiamo dunque aiutare i bambini a esercitare tutti i sensi, soprattutto nelle scuole materne dove si usano troppo presto i mezzi pittorici quando invece i bambini vorrebbero continuare ad esplorare...
Aiutiamo i bambini a crescere liberi da stereotipi e a sviluppare tutti i sensi, aiutiamoli a non perdere il senso della vita!

Nello stesso anno Munari realizza i primi libri plurisensoriali in Italia, si chiamano Prelibri, sono libri-oggetto, senza parole, per bambini che ancora non sanno leggere, ma che sono lì presenti con tutti i sensi, curiosi, con la voglia di scoprire cose nuove e di fare le cose che fanno i grandi... Sono libri ‘illeggibili’, ma con stimoli visivi, tattili, sonori, termici e materici, pieni di sorprese. Fatti per aiutarli a immaginare, a fantasticare, a essere creativi. I Prelibri, in particolare quelli tattili, sono dunque frutto delle esperienze culturali e artistiche associate ad un’ attenta osservazione e frequentazione dei bambini e a una profonda conoscenza della psicologia infantile. Si tratta di dodici piccoli libri, di carta, di cartoncino, di cartone, di legno, di panno spugna, di friselina, di plastica trasparente, ognuno rilegato in modo diverso.

Per i più avventurosi poi inventa un Libroletto… Ma che cos’è? Un libro o un letto? E’ un libro ‘abitabile’! Progettato da Munari con Marco Ferreri nel 1993 è formato da sei cuscini di materiali diversi di cm. 70x70. Le brevi frasi del testo sono scritte sul bordo del cuscino, non c’è un inizio o una fine: le pagine si possono staccare dal libro per comporre storie sempre nuove.

E nel 1994, a 87 anni, realizza il libro-opera Tavola tattile.

Proviamo a ‘sentire’ i materiali che vediamo: sulla tavola interamente rivestita da una superficie ruvida è appoggiata una fredda e liscia lastrina di metallo, caratterizzata da fessure… Un piacevole, caldo e morbido, pezzetto di pelliccia all’improvviso presenta qualcosa di duro: sollevandolo, troviamo una fredda biglia di vetro!

 

Bruno Munari in azione con i bambini

Ricordo con nostalgia quando Munari veniva al mio Laboratorio per ‘giocare’ insieme (Fig.4) in occasione delle inaugurazioni delle attività del nuovo anno scolastico a cui erano soliti partecipare bambini di ogni età con i loro fratellini, amici e parenti: momenti preziosi di gioco, sperimentazione, scoperta, conoscenza e divertimento. Lo spazio non riusciva a contenere tutti quelli che accorrevano desiderosi di poterlo osservare da vicino in azione, di apprendere ‘come si fa’, di ascoltare le sue parole. Sapeva stare insieme a grandi e piccini con estrema naturalezza, sempre con il sorriso sulle labbra ed uno scherzo pronto: le mani agili, svelte, con gesti precisi e sapienti, mostravano come fare, senza bisogno di tante spiegazioni.

 

Giocare con Munari, al Laboratorio Beba Restelli, 1995  (foto di Luca Cenerelli)

 Fig. 4 Giocare con Munari, al Laboratorio Beba Restelli, 1995 (foto di Luca Cenerelli)


Per molti anni ho avuto il grande piacere di condividere con l’artista e didatta la progettazione delle attività che mi proponeva, la preparazione e l’allestimento del laboratorio: l’iniziativa si chiamava Giocare con Munari. Nel 1995 abbiamo costruito le tavole tattili.

In quella occasione, il Laboratorio si è trasformato in un piccolo ma ricco mercato di materiali stravaganti: sui tavoli- bancarella sono esposti in bella mostra tessuti di cocco, morbide pellicce, ruvide spugne, reticelle, piume, pizzi e tavolette di legno. All'ingresso, invece del campanello, i bambini trovano una striscia di vari materiali da toccare, una sorta di campionario di quello che avranno a disposizione per creare composizioni secondo la propria sensibilità, da ‘leggere’ con le dita.

Una bella sorpresa che incuriosisce da subito… I bambini sono molto attratti dalla quantità e dalla varietà dei materiali disposti sui tavoli e ben divisi per categorie: facendo una specie di ‘girotondo tattile’ si muovono lungo il bordo dei tavoli - alcuni appena ci arrivano! - e possono finalmente toccare tutto.
Vorrei sottolineare l’importanza della messa in scena per stupire, per suscitare curiosità e far venire la voglia di fare: è qui che si dovrebbe manifestare la creatività dell’operatore, non nel suggerire che cosa fare. Promuovere la scoperta di cose nuove favorendo la conoscenza, e stimolare il pensiero progettuale creativo sono tra gli obiettivi principali dei Laboratori Metodo Munari®.

Il primo momento è dedicato all’ esplorazione e alla scoperta dei vari materiali. Si conosce con tutti i sensi: la morbida e calda pelliccia, la leggerezza e la trasparenza della plastica a bolle, e la duttilità della gommapiuma. Spetta all’adulto aiutare i bambini a dare un nome giusto alle cose: così si allarga la loro conoscenza.

Munari stesso si lascia attrarre da alcuni materiali che lo incuriosiscono e inizia a ‘giocare’ felice accanto ai bambini che lo osservano con attenzione, imparando cose nuove.

Ma come comunicare con i bambini? Invece di raccontare com’è fatta una reticella e quali sono le sue caratteristiche, Munari accosta un pezzetto di rete davanti agli occhi di una bambina facendole scoprire la trasparenza del materiale e un mondo a quadretti; oppure per capire che cosa sia la duttilità fa stringere nella mano un pezzetto di gommapiuma… (Fig. 5)


Fig. 5 Giocare con Munari al Laboratorio
Beba Restelli, 1995 (foto di Luca Cenerelli)


Invece di lunghe spiegazioni – suggerisce l’artista – è preferibile «far vedere come si fa» con ‘azioni-gioco’ percepibili attraverso i sensi. Azioni-gioco alla scoperta di come utilizzare in modo non convenzionale materiali e strumenti. «Con il gioco - dice Munari - il bambino partecipa globalmente; al contrario, se ascolta si distrae perché continua a pensare ad altre cose».

E qual è il ruolo dell’adulto? Un affettuoso assistente tecnico che fa vedere come si fa, e non dice che cosa fare… Solo quando necessario interviene aiutando a risolvere un problema, secondo il principio didattico: 'Dire come fare e non cosa fare'. Compito dell’educatore - osserva Munari - è dare ai bambini tutte le informazioni di tipo tecnico, senza suggerire temi già predisposti dagli adulti. Osserviamolo in azione: gioca insieme ai bambini, sperimenta, crea qualcosa di nuovo che li stimola e incuriosisce, così imparano, imitando gli adulti!

Si continua a giocare con tatto, per conoscere e creare con tutti i sensi

Nel corso del tempo abbiamo continuato a sviluppare e ad approfondire il tema della polisensorialità a partire dagli insegnamenti di chi considero il mio Maestro. Dalle attività svolte all’interno del Laboratorio a quelle realizzate in spazi pubblici come musei, scuole e biblioteche o in occasione di fiere, convegni e festival.

Un Bosco Tattile costruito con corde, cordoncini, fili di lana, piume, nastri, strisce di tessuti, palline di legno… dove passeggiare lasciandosi accarezzare da liane immaginarie. Milano, 1988.

Una ‘vasca tattile’ riempita con ritagli di tessuti, panno e pellicce dove immergersi e sentire con tutto il corpo: la leggerezza del tulle e il calore della lana, ma anche il profumo dell’erba in quella preparata con soli materiali naturali. In occasione della mostra-convegno sugli asili nido a Novara, 1995. (Fig. 6)

 

Vasca tattile

Fig. 6 Vasca tattile


Una mostra tutta da toccare inaugura l’anno 1996 al mio laboratorio: sono esposte le ‘opere tattili’ realizzate dai bambini durante l’anno dopo l’esperienza delle tavole create insieme a Munari. Il Laboratorio così, mi faceva notare l’artista, è già un museo: il primo museo dei bambini, fatto dai bambini per gli adulti!

Il Tappeto ‘mobile’ presentato alla Fiera di Milano nel 1999 per offrire un percorso avventuroso a mani e piedi. Il tappeto è formato da una serie di moduli quadrati dove i bambini possono giocare e scoprire molti materiali che offrono sensazioni diverse come liscio e ruvido, morbido e duro, lucido e opaco e così via. (Fig.7)

 

Tappeto 'mobile',  Fiera di Milano, 1996 (foto di Luca Cenerelli)

Fig. 7 Tappeto ‘mobile’ Fiera di Milano, 1996 (foto di Luca Cenerelli)


Sono molte le occasioni dedicate al ‘fare libri’, sia con bambini sia con adulti, tra cui Libri per tutti i sensi, da toccare, annusare, ascoltare e mangiare (Fig. 8). Ci sono libri ‘sonori’, con pagine realizzate in polietilene a bolle che, se schiacciate, scoppiettano; libri ‘tessuti’ con nastri di seta, fettuccine di cotone e corde intrecciate; libri con i fiocchi fatti con carta velina stropicciata; ‘libri-specchio’ con carta argentata, ‘libri-ambiente’ per collocare i vari animali e ‘libri-campionari’ con materiali diversi per avventure tattili. Una pagina di rete, con un pezzetto di pelliccia nella pagina successiva, diventa la gabbia di un leone! E ancora libri ‘odorosi’ per evocare le sensazioni olfattive del Natale o di una passeggiata in campagna; ‘gioiello’ per evidenziare e rendere preziosa la rilegatura; un libro tattile da ‘viaggio’ con la sua valigetta per avere sempre un amico in vacanza...

 

Libri per tutti i sensi (foto di Luca Cenerelli)

 

Fig. 8 Libri per tutti i sensi (foto di Luca Cenerelli)


Ricordo con piacere i ‘libri golosi’ realizzati a Roma nel 2009 presso la Casina di Raffaello con pagine di rete dove annodare caramelle e cioccolatini… (Fig. 9)

 

Libri golosi, alla Casina Raffaello di Roma, 2009 (foto Archivio Laboratorio Beba Restelli)

 Fig. 9 Libri golosi, alla Casina Raffaello di Roma, 2009
(foto Archivio Laboratorio Beba Restelli)


E ancora le composizioni fatte con le reti, le costruzioni dei grandi Labirinti tattili e le Scritture tattili realizzate alla Fiera di Primiero nel 2008.

Un lungo elenco che mi auguro possa offrire suggestioni e spunti per sviluppare nuove proposte. Ma ciò che oggi mi preme di più sono gli incontri di informazione e formazione con educatori, insegnanti, operatori culturali per continuare a promuovere l’educazione polisensoriale e a diffondere il Metodo Bruno Munari® .

Sono trascorsi più di trent’anni dal primo laboratorio che Munari ha realizzato all’interno della Pinacoteca di Brera (Milano, 1977), trasformando il museo da luogo di contemplazione passiva a luogo di esperienza, dove sperimentare le qualità diverse dei materiali, le caratteristiche degli strumenti, le tecniche e le regole, ricavate dalle opere d’arte di ogni epoca, trasformate in giochi.

Ed è tuttora in corso il lavoro di approfondimento iniziato con la rifondazione del metodo, integrando ai principi originali gli apporti teorici e metodologici dell’Epistemologia Operativa elaborata nei primi anni Ottanta da Alberto Munari e Donata Fabbri, entrambi Professori di Psicologia della Educazione.
In particolare è stata evidenziata l’importanza della riflessione dopo il fare nel laboratorio, per rendere i bambini più consapevoli del loro agire e delle loro scoperte, imparando a osservare il percorso che li ha portati ad acquisire nuove conoscenze.

Vorrei concludere con un pensiero di Bruno Munari: «…Siccome è quasi impossibile modificare il pensiero di un adulto, noi ci dovremo occupare dei bambini. Gli uomini e le donne che formeranno la nostra prossima società futura, sono già qui adesso, hanno 3 anni, 5, 7… Propongo quindi di allestire, nei musei, alcune salette come laboratori per bambini, dove questi possano andare al museo a giocare all’arte visiva…» «Un bambino creativo è un bambino felice» soleva ripetere l’artista e vorrei aggiungere che non solo i bambini sono felici, ma anche gli adulti lo sono quando possono risvegliare la loro creatività… E ancora una volta grazie Munari!

 

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