L'arricchimento culturale del bambino attraverso la lettura e l'esplorazione del libro tattile illustrato

di Giancarlo Abba
Direttore Scientifico dell'Istituto dei ciechi di Milano
 

 

Avvicinarsi alla lettura, imparare a leggere, ancora prima di imparare a decodificare il codice, vuol dire conoscere il libro, dove conoscere, per un non vedente, significa  utilizzare, tra le altre, le modalità che gli sono peculiari: la percezione tattile, capace di sollecitare l'intelligenza, la fantasia, il pensiero, lo sviluppo del linguaggio e dell'immaginazione.

Affermazioni, queste, che credo vadano a confluire nell'area dell'intuizione, del pensiero divergente, del fantastico, della poesia, dell'educazione nel senso più bello del termine.

L'Istituto dei ciechi di Milano, da sempre impegnato nell'educazione e formazione,  ha fatto della ricerca tiflologica un momento fondamentale del suo operare, con lo scopo di studiare quali possano essere le sollecitazioni sensoriali,  cognitive e le metodologie più opportune per il raggiungimento della confidenza con il libro. Un modo di lavorare, potremmo dire, senza handicap, perché spesso le difficoltà nei confronti del libro non sono dovute solo alla cecità ma al non saper cosa fare.

Mi preme ricordare che per quanto concerne questo aspetto, il servizio tiflologico e del materiale didattico dell'Istituto dei ciechi, contempla un corposo apparato di procedure e proposte pratiche che, applicate in ambito educativo, portano i bambini a confrontarsi con l'esperienza estetica e non solo. Così come l'attività svolta dalla Federazione Nazionale delle Istituzioni pro Ciechi. L'incontro con il bello è una sorgente educativa.

La direzione verso la quale ci si indirizza, senza entrare qui nello specifico, è per i bambini disabili visivi, ma non solo:

  • imparare a toccare
  • usare ‘mani intelligenti'
  • conoscere/riconoscere
  • agire, comprendere, condividere

In questo percorso, anche la dimensione estetica del piacevole ci coinvolge in modo particolare perché rappresenta una sfida intellettuale e pedagogica: la possibilità, attraverso lo sviluppo sensoriale, come dato iniziale, di intuire il mondo e poi la capacità di leggere, interpretare e produrre rappresentazioni.

Sì, perché i sensi umani ci mettono in relazione con la realtà in maniera differenziata. Noi, come diceva il padre della pedagogia dei ciechi  Augusto Romagnoli, li integriamo, usiamo una specie di miscelatore e costruiamo la realtà.

E' allora indispensabile affermare il valore di un' educazione che promuova la componente estetica, presente in ogni esperienza senso-percettiva, attraverso un approccio pluridimensionale alla realtà (acustico, esplorativo-motorio tattile, olfattivo ecc.).

Noi impariamo ad usare le sensazioni, le sensazioni non sono mai passive, nelle sensazioni noi agiamo, non siamo agiti.

Allora, quando cominciare? Prestissimo!!

I momenti educativi finalizzati debbono essere  un'occasione gioiosa di piacere percettivo,  di scoperta di sé nel mondo e del mondo.

La valenza estetica non è preclusa al bambino non vedente. Perché godimento estetico significa cogliere e vivere emozioni, sentimenti, divertimento, conoscenza, sollecitati dalla materia, dal suono, dalle linee, dalla forma, dai volumi, dallo spazio, dagli oggetti....condivisi con gli altri.

Così come l'arte ha sempre, come caratteristica, un tramite sensibile, anche i primi passi verso la lettura, per il bambino e per il bambino che non vede hanno, devono avere, un tramite sensibile: un mondo di oggetti da scoprire e riconoscere, da toccare con le mani. Un mondo di oggetti morbidi, lisci, vellutati, caldi, leggeri, pesanti da confrontare.

Solo mani intelligenti sono in grado di comprendere e manipolare per trasformare, uscendo dalla logica di sensi addomesticati, incapaci di trasferire, trasfigurare, cambiare, ribaltare.

A nostro parere, senza questa visione ‘aperta' non possiamo sperare, per il futuro, di avere bambini e bambine disabili visivi ricchi di idee, di contenuti, valori indispensabili per la vita. Diciamo no a un bambino imbustato, incartato, rischio che incombe per chi non gode del bene della vista. Diciamo sì a un bambino e a una bambina curiosi. Sottolineo curiosi come spinta verso ciò che non si conosce e, in senso più ampio, come spinta verso il sapere. L'amore per la lettura mantiene vivo questo desiderio.

Diamo ai nostri bambini disabili visivi una tavolozza piena di colori (i colori della percezione, i colori della differenza, i colori del tatto, dell'udito, dell'olfatto...) in cui sia possibile intingere il pennello della vita.

I nostri bambini che non vedono hanno il diritto di leggere alla pari degli altri. Sappiamo il valore della lettura, tutti lo conosciamo, e sappiamo che imparare a parlare è un fatto naturale, imparare a leggere è un fatto culturale.

Il bambino che vede, comincia a conoscere attraverso le immagini, immagini accompagnate da simboli, codici, lettere e parole depositati su un oggetto che si chiama libro.

Ancora prima di saper leggere quindi il bambino vedente sa già ‘leggere', conosce già il libro, ne ha già esperienza, lo ha visto.

Attraverso le parole lette dall'adulto, quel libro si materializza, diventa vivente, è fonte di racconti, è scrigno di parole.

E il bimbo che non vede?

Anche per il bambino che non vede o per il bambino ipovedente esiste, deve esistere quello scrigno. I primi libri debbono essere ricchi di immagini e nel nostro caso parliamo di immagini da leggere con le mani, da scoprire con le mani insieme alla parola ovvero la parola accompagna quello che il bambino esplora tattilmente.

La lettura, il voler leggere, il saper leggere, il poter leggere aprono scenari incredibili per la crescita del bambino e della bambina con disabilità visiva.

Certo, nel fare questo, teniamo conto che a leggere sono le mani (soprattutto) non gli occhi, ciò che si ‘legge' deve essere accessibile.

Accessibilità che per noi significa applicare criteri tiflologici. Significa non sacrificare, in nome di una soddisfazione visiva degli adulti, la reale capacità del bambino non vedente di capire, gustare ciò che ha sotto le dita.

Quello della lettura, dell'avvio alla lettura, della capacità di leggere è uno dei diritti fondamentali del bambino. Per poterlo sancire e realizzare è necessario fornire oggetti-libro.

Prendiamo anche in considerazione, qui in maniera più forte rispetto a chi possiede la vista, che prima di tutto il libro è un oggetto, è materico, deve essere qualcosa, come diceva Louis Borges, di bello da toccare, da prendere in mano, da muovere in un insieme di sensazioni plurime. Il bambino che non vede o che vede male, deve imparare ad usare le sensazioni, le sensazioni non sono mai passive, portano informazioni, arricchiscono il linguaggio.

Il primo libro tattile è, come si diceva prima, scrigno pieno di preziosità, è fonte di soddisfazione. Da lì vengono cose diverse... nuove.

Ecco, per il nostro bambino e bambina disabili visivi abbiamo l'obbligo di intervenire con elementi specifici e comuni per tutti, perché non possiamo dimenticare che le esperienze sono condotte insieme e, nelle fasi iniziali, nella dimensione del gioco.

«Nei primi anni l'educazione sia una specie di divertimento, vi sarà così più facile scoprire le inclinazioni naturali», così Platone nella Repubblica.

Il libro fa incontrare il bambino con gli aspetti fantastici del mondo. Ecco allora intervenire in aiuto, a questo proposito, il libro tattile, il libro da maneggiare, il libro da leggere prima ancora di saper leggere le parole, ma, nello stesso tempo, carico di parole che da esso scaturiscono. Il libro del racconto sotto le dita, un amico vicino, non distante.

Qui, per gioco, il bambino che non vede, aiutato da diversi materiali, (morbidi, ruvidi, lunghi, corti, caldi, freddi ecc..) comincia ad usare le mani, a toccare intenzionalmente per scoprire, per conoscere, per divertirsi, per imparare le parole e le forme.

Ogni esperienza senso-percettiva, attraverso un approccio pluridimensionale alla realtà (acustico, aptico-cinestesico, olfattivo ecc.) promuove la crescita, il consolidamento dell'esperienza.

Gli oggetti del libro reali e fantastici sono caricati anche di significati affettivi. Ci troviamo di fronte ad un gioco costante tra realtà e immaginazione che aiuta il bambino a sviluppare la multidimensionalità del pensiero.

Ecco allora l'importanza di accompagnare la storia, la narrazione, anche con l'immagine tattile sostenuta dall'esperienza, proprio per il completamento della comprensione.

Il libro tattile è promotore di linguaggi caldi.

 Noi dobbiamo arrivare alla lettura non pensandola, da subito, solo come addestramento, come riconoscimento di caratteri (elemento peraltro imprescindibile) ma, prima di tutto, lettura come  passione per la narrazione, piacere del racconto, piacere della parola. Piacere dell'imparare ad usare il tatto che diventa gli occhi del bambino.

E' dal piacere della narrazione, dell'ascolto del racconto che nasce il desiderio di narrare e di conseguenza di leggere. In questa fase possono nascere libri costruiti insieme. Possono nascere storie condivise mettendo insieme ‘pezzi' del mondo oggettuale che diventano racconto. Allora la lettura può diventare un desiderio. Le parole diventano, quando il bambino conoscerà il braille, scrittura da toccare, parole da toccare.

Ecco perché all' Istituto dei ciechi di Milano, e presso la Federazione, parte del materiale didattico è dedicato ai ‘primi libri'. Libri tattili, da prendere in mano, da sfogliare con le sensazioni, libri che provocano sensazioni e mettono in movimento la mente del bambino.

Per il bambino che non vede, quelli tattili, sono libri che restituiscono qualcosa, sono libri con cui giocare, pensare, scoprire. Il passaggio alla lettura delle parole, all'apprendimento del braille,  sarà una richiesta oserei dire ‘spontanea' come ulteriore volontà  di conoscere. Volontà di avere le parole sotto le mani. Così  come per ogni bambino parliamo di volontà di avere le parole sotto gli occhi.

Anche noi adulti dobbiamo credere nel libro, nello sforzo di tenere alto l'interesse, la curiosità, la voglia di scoprire, il desiderio di emozionarsi. Tutto ciò non è escluso dal problema della lettura.

«Domando io, a cosa serve un libro senza figure né dialoghi?»  Rifletteva Alice.
Lewis Carrol


SCARICA IL DOCUMENTO IN PDF (364 kb)

LEGGI GLI ALTRI CONTRIBUTI